Filosofia e storia
Titolo: Una cosa divertente che non farò mai più

Autore: David Foster Wallace

Wallace, morto suicida il 22 settembre 2008 a 46 anni dopo una vita passata a combattere la depressione, è diventato un maestro per tutta una generazione di scrittori, statunitensi e non: ha quell'originalità, sensibilità, intelligenza e incisività che fondano uno stile. Molti poi hanno cercato di imitarlo, di imitare il suo linguaggio fluviale che a volte si riempie di dettagli in modo enciclopedisticamente surreale, e che riesce sempre tuttavia ad arrivare al punto: ma Wallace è Wallace (frase che non significa nulla, ad eccezione che per i grandi).

Categoria

Narrativa americana contemporanea.

Genere

Non è un romanzo, non sono racconti. Che cosa è, allora? Si tratta di un reportage, un reportage su un viaggio in crociera lungo 13 capitoli (140 pp.) richiesto appositamente dalla rivista "Harper's" a un Wallace un po' a disagio ("Questa volta "Harper's" ha sganciato più di 3000 dollari senza leggere neppure una delle mie succose descrizioni ipnotico-sensoriali", scrive).

Per chi non è

Chiunque adori le crociere e non ne abbia mai colto la comica assurdità potrebbe sentirsi offeso.

Perchè lo consiglio

Wallace mette tutto sotto la sua lente di ingrandimento psichedelica e, col suo stile a un tempo analitico e ironico, ammassa una dietro l'altra una sequela di riflessioni e di assurdità che strappano dal sogghigno alla risata (sapete quando tutti vi guardano perchè siete improvvisamente esplosi in una fragorosa e solitaria risata mentre eravate in un silenzioso angolo a leggere... ecco, leggendo questo libro mi è capitato più volte). Tutto il viaggio in crociera è sezionato, dall'imbarco alla cabina, dal ristorante al personale, dalle svariate attività proposte fino ai passeggeri, in un esilarante turbine di parole.

Wallace, di fronte alla perfezione cronometrica, al relax forzato, alla promessa scritta in caratteri dorati nella brochure della crociera extralusso 7NC (farete "qualcosa che non fate da molto tempo: Assolutamente Niente") è tra il candidamente ammirato e l'esterrefatto. Scrive, ironicamente: "Quanto tempo è che non fate Assolutamente Niente? Per quanto riguarda me, lo so con precisione. So con precisione quanto tempo è passato dall'ultima volta che ogni mio bisogno è stato esaudito senza possibilità di scelta da qualche forza esterna, senza che dovessi farne richiesta o addirittura ammettere di avere alcun bisogno. E anche quella volta galleggiavo nell'acqua, in un liquido salato, e caldo, ma poi nemmeno troppo - e se per caso ero cosciente, sono sicuro che non avevo paura e che mi stavo divertendo un sacco e che avrei spedito cartoline dicendo a chiunque - vorrei che fossi qui -".

Perchè lo consiglio (2)

Non c'è da ridere e basta. Wallace è profondo ed è uno di quegli osservatori che riescono a cogliere ogni dettaglio, ogni piccolezza. Non solo vede e descrive: riflette (ha studiato matematica, logica e filosofia, non a caso). Questo libro è certo meno importante del suo capolavoro, Infinite jest (opera straordinaria, ma per affrontare 1400 pagine bisogna essere motivati); anche qui, però, possiamo trovare veri e propri squarci di lucida analisi sociale e interiore.

La particolarità

Non si può parlare di Wallace senza menzionare le digressioni labirintiche delle sue celebri note a pie' di pagina (qui ce ne sono 137!).

Un brano, tanto per capirci

Ci sarebbero tanti brani esilaranti (come non ricordare gli agguati per sorprendere l'invisibile cameriera che pulisce a perfezione la cabina 1009 quando Wallace la lascia per più di mezz'ora) o interessanti; tra tutti, eccone uno.

Wallace vorrebbe il suo ossido di zinco per non spellarsi al sole; ma la crema è ancora in valigia, e i bagagli sono ancora ammassati pronti ad essere trasferiti nelle cabine da giovani facchini. "In quel momento", scrive Wallace, "individuo la mia sacca e l'afferro per tirarla fuori dal mucchio di pelle e di nylon, con l'intenzione molto semplice di portarla io stesso nella 1009 e scavarvi dentro per cercare il mio caro vecchio ZnO; uno dei facchini mi vede afferrare la sacca e allora mette subito giù tutte e quattro le enormi valigie che sta trascinando e fa un salto per bloccarmi. All'inizio temo che mi abbia preso per un ladro di valigie e che mi chieda di controllare il biglietto o qualcosa del genere. Ma subito scopro che quel che vuole è la mia sacca: pretende di portarla lui al posto mio nella cabina 1009. E io, che sono una volta e mezzo questo ragazzetto che ormai avrà pure l'ernia (e anche la sacca è una volta e mezzo lui), protesto cortesemente, cercando di convincerlo, dico Non Si Preoccupi, Non Mi Sembra Una Tragedia, Sto Solo Cercando Il Mio Caro Vecchio ZnO. Faccio capire al facchino che so benissimo che hanno un'organizzazione perfetta nello smistamento dei bagagli, e del resto non ho nessuna intenzione di violarla per fargli portare una valigia del gruppo 7 prima di un'altra del gruppo 2, e che dunque la mia sacca vecchia e pesante corrosa dai segni del tempo posso portarmela anche da solo, così il ragazzo avrà meno da fare.

E così ora con questa affermazione viene fuori una questione assurda, tra me e il facchino libanese, perchè in questo momento ho messo il ragazzo, che a stento parla inglese, in una sorta di doppio legame, un conflitto tra professionalità e deferenza, un vero e proprio paradosso del viziatore: IL CLIENTE HA SEMPRE RAGIONE contro IL CLIENTE NON DEVE MAI PORTARE I SUOI BAGAGLI. Inconsapevole, in quel momento, di ciò che quel povero piccolo libanese sta passando, ne respingo sia lo squittio di protesta sia l'espressione agonizzante come meri atti di servilismo, prendo la sacca e la trascino fino alla 1009 e mi spalmo il becco con lo ZnO e vado di nuovo fuori a guardare la costa della Florida che si allontana come in una controzoomata, come insegna Frank Conroy.

Solo più tardi mi rendo conto di cosa ho fatto. Solo più tardi mi rendo conto che questo povero facchino libanese del ponte 10 sta avendo una lavata di testa dal capofacchino (anche lui libanese), che ha avuto a sua volta una lavata di testa dal caposteward austriaco che è stato attendibilmente informato che sul ponte 10 un passeggero è stato visto portare la propria valigia per i corridoi e ora chiede la testa di tutti i responsabili libanesi per questo evidente segnale di negligenza facchinesca, e ha riferito (parlo sempre del caposteward austriaco) l'incidente (a quanto pare tipico) a un ufficiale delle Relazioni con gli Ospiti, un greco con occhiali da sole e walkie-talkie e delle spalline da ufficiale così complicate che non ho mai capito che grado avesse; e questo individuo greco d'alto rango viene da me alla 1009 dopo cena, sabato sera, per scusarsi in nome e per conto di tutta la compagnia navale e della famiglia Chandris e assicurarmi che le teste di questi libanesi pezzenti già rotolano nei vari corridoi come punizione espiatoria per avermi lasciato portare la valigia da solo".


Altri libri di Wallace

Romanzi: Infinite jest (il capolavoro), La scopa del sistema (l'esordio), Il re pallido (il libro postumo, incompleto), Verso Occidente l'impero dirige il suo corso (racconto lungo).

I saggi: Tennis, tv, trigonometria, tornado (Wallace è un amante del tennis, lo si vede anche in Infinite jest e nel saggio su Federer), Considera l'aragosta, Tutto, e di più (saggio sull'infinito), Il tennis come esperienza religiosa (il saggio su Federer).

Racconti: La ragazza coi capelli strani, Brevi interviste ad uomini schifosi, Oblio, Questa è l'acqua.

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